Categoria: Ai Giovani

La fedeltà nelle piccole cose

fedLa grandezza di un vero cristiano non si misura sull’ eroicità dei suoi comportamenti, ma sulla fedeltà quotidiana alla fede, all’amore, alla giustizia e a tutti gli impegni assunti nel battesimo.

E’ facile essere eroi per una volta, ma è  difficile vivere da eroi e, soprattutto, essere fedeli nelle piccole cose.

Ed è  proprio questa fedeltà, che racchiude il respiro di grandezza ed imprime il sigillo dell’ autenticità cristiana.

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Il silenzio di chi tace

silenzio

Tu credi che le parole gridate vengono sempre ascoltate ed accolte per ciò che riferiscono.

Invece, non è  così. A volte colpisce più il silenzio di chi tace, che le parole di chi grida.

Purtroppo, oggi più di ieri, c’ è una idolatria della parola, per cui è  più  facile trovare chi mostra un continuo parlare senza silenzi, che chi vive un silenzio parlante, però senza parole.

Cosi, molti parlano e non dicono nulla, a differenza di altri che tacciono e con il loro non parlare, dicono molto.

La verità è  che mentre la mente è  una fucina di belle parole, che le labbra accarezzano,  ma non animano, e, quindi presto si perdono, il silenzio è  il crogiuolo del cuore, da cui ogni parola che esce, è  solo un suo effluvio di maturazione.

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Non sono nè comunista nè capitalista

poveri

Se ami i poveri, sei un comunista. Se frequenti i ricchi, sei un capitalista.
E’  il pensiero debole di chi guarda l’ apparenza e non il cuore.
Io non sono né l’ uno  né  l’ altro. Non seguo nessuna ideologia.
Cerco solo di vivere il Vangelo, che mi offre la possibilità
di gridare la mia umanità nella luce di Cristo,
che, pur privilegiando i poveri, annienta Se stesso per la salvezza di tutti.
Ed  io, come Lui, pur aprendo il cuore a chiunque,
scendo verso il mondo che non conta,
dove gli occhi sono spenti e le mani sono sempre aperte.
Vado là dove la povertà si veste di gioia,  
nel gioco di una  provvidenza umana e divina,
che salda l’ amore verso Dio ed  il prossimo.

Come è difficile essere qualcuno!

gomitolo

Come è difficile essere qualcuno in una società che ti scruta non per amore, ma per soffocarti sotto il peso della critica!
Vivendo come un osservato speciale,ti arrotoli in un gomitolo,sperando di passare inosservato. Invece, no.
L’occhio sociale punta le sue lenti in cerca di novità da interpretare o di fragilità da enfatizzare.
E tu, per quanto possa sentirti libero, non sei mai più te stesso.
Troppi sguardi ti assalgono, molte parole ti colpiscono,finti sorrisi ti ammaliano.
Come è strana la gente!
Ad un volto sincero, spesso preferisce la maschera; ad un cuore vero, sovrappone l’apparenza,
costringendoti ad essere diverso da quello che in realtà sei.
Così,sorridi,quando vorresti piangere e piangi,quando vorresti gridare la tua felicita.
Un’inversione di mente e di cuore che allevia la critica,ma svuota la bellezza dell’anima,
che vibra solo di verità.

Il coraggio di sognare

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Oggi,più che mai,sembriamo incapaci di pensare diversamente
da ciò che le mode propinano.
Siamo come bambini appesi alle labbra dei soliti modelli,
senza nutrire alcuna passione verso la vivacità  della bellezza,
che ogni respiro di vita sprigiona.
Siamo scivolati in una povera monotonia che tarpa ogni squillo di capacità
generando solo rassegnazione ed inerzia.
Non abbiamo il coraggio di oltrapassare il cerchio dei nostri piccoli interessi,
dei sottili piaceri, per pensare alto, per sognare un domani più vero,
dove ognuno può progettarsi per quello che ha in sé  e non per le orme
che altri tracciano come se fossero i depositari di tutte le verità .

Sapere di non sapere

sap

 

Sapere di non sapere nulla è la via per sorridere al desiderio di conoscere.
È un istante di consapevolezza, che apre orizzonti di novità, dove la mente
spazia e si impregna di pensieri mai avuti. Tutto si presenta in forma diversa
ed ogni cosa si anima in un mare di idee, che, come crisalidi, schiudono
conoscenze sempre più penetranti,fino a superare la soglia del mistero.
A differenza di chi ostenta il sapere, convinto di esserne il depositario,
anche se poi nel cammino dell’esistenza cozza contro l’ignoranza,
è veramente unico lo stato di colui che, sapendo di non sapere, tocca
il labirinto della sua cecitá e lo illumina con la forza dell’umiltà.
Proprio in questa luce cadono dagli occhi le scaglie, dall’anima il torpore
e lo spirito vola in alto, assetato di scienza e sapienza.
Inizia così la storia dell’uomo vero,che guarda dentro di sé,dove scopre
di avere uno scrigno dorato,quasi un divino nascosto,che suona la sinfonia di mille voci.

 

E’ Dio che chiama, non l’uomo.

semin

“La Chiesa – dice don Alberione – non ha bisogno di molte vocazioni, ma di vocazioni autentiche”.
Non è il  ” numero” che qualifica la vitalità della Chiesa, ma la bellezza della vera chiamata e della risposta sincera in un dialogo tra un ” Io ” che chiede e un tu che grida :” eccomi “.
La necessita del ” numero ” banalizza a volte la verifica dell’ autenticità vocazionale e fa guardare non più a Colui che chiama, ma solo a chi si presenta quale ipotetico chiamato.
Ed è un grave errore che facilita accoglienze in chiaroscuro, certamente di sola iniziativa umana e senza quella Voce dall’ alto che la preghiera muove e piega a chiamare.
Oggi, più che mai, è necessario da parte della Chiesa un serio ed adeguato discernimento nella scelta sacerdotale, onde evitare che soggetti psico-affettivamente immaturi cerchino riparo in Essa, per appropriarsi di un ruolo, che l’ impatto con la realtà potrebbe farlo esplodere in comportamenti rovinosi per la Sua stessa immagine.
Cosa che purtroppo si sta verificando in questi ultimi tempi, dove alcuni accadimenti  infastidiscono la mente e il cuore di molti cristiani, i quali, al di là del perdono da non negare mai a nessuno e senza mai  perdere la fiducia nei veri sacerdoti, auspicano dalla Chiesa decisioni in materia più severe.

 

Per te dove è Dio?

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Scrive Clarence W. Hall:” Ho cercato l’ anima mia, ma l’anima mia non sono riuscito a vederla.
Ho cercato il mio Dio, ma il mio Dio non sono riuscito a vederlo.
Ho cercato un fratello e li ho trovati  tutti e tre”.
Credere in Dio non è un dovere, ma una grazia, che Egli ci dona,
indicando persino le orme per trovarlo ed amarlo.
Ma noi siamo ciechi e sordi.
Preferiamo percorrere vie e pensieri diversi, in una ricerca cerebrale, senza cuore,
come se Dio fosse un semplice oggetto da cogliere con sofisticati sillogismi.
Chi ragiona per cercare Dio, restando però nella cecità e nella sordità di chi grida
la fame e la sete, la sofferenza e l’ingiustizia, rischia di non trovarlo mai
e, nello stesso tempo, di perdersi in un dedalo senza alcun barlume di luce.
Dio non si farà mai trovare in alto, al di là delle nubi o dei cieli,
e neppure in basso, nelle fredde cattedrali senza respiri di anime.
Il vero tempio della Sua presenza è nella povera gente, che, con le sue croci,
continua a vivere ogni giorno, insieme con Lui, il dramma della Croce.
E’ nostro fratello, il più debole, il lebbroso che fa schifo agli occhi del mondo, 
il vero specchio, dove possiamo trovare ed amare Dio.

Il dio della convenienza

piccolo

Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, ma l’ uomo, scegliendo vie e pensieri diversi, ha voluto invece farsi un dio a propria  immagine e somiglianza. Un piccolo  dio, la cui attesa ed esistenza  viene giocata su una scacchiera di poveri e deboli interessi, che il quotidiano brucia, senza lasciare neppure briciole di soddisfazioni superiori. Un  dio senza cielo, che a volte  veste di piedistalli di comodità, che resistono al tempo e al  sentimento, finchè  tutto procede a  suo tornaconto. Questi,  oggi,  è  il dio di tanti, anche cristiani ad acqua di rose, ma non è  il vero Dio, che ha voluto imprimere  se stesso nel  cuore di ogni uomo. Non è  il Dio  della croce che si è  consumato per amore, onde  schiudere ad ognuno  orizzonti di salvezza . E’  solo  il dio della convenienza, ma non il Dio della Bibbia e della fede, le cui sorprese  confondono e , nello stesso tempo, delineano arcobaleni  di grazia, che Lo fanno sentire insieme Padre e Madre.

Apparire o essere?

essere

Non si può negare che per molti di noi spesso l’ essere si risolve nell’ apparire.
Ed oggi, più di ieri, il gusto dell’ apparenza e dell’esteriorità  domina il nostro modo di interagire.
Troppe sono le onde della finzione, che ci trascinano nel mondo di ciò che non siamo, dove facilmente finiamo per mentire a noi stessi.
In questa confusione ” ognuno – come diceva il Machiavelli – vede quello che tu pari, pochi sentono quello che tu sei”.
Salta così ogni scala di valori e tutto, persone e cose, vale per ciò che sembra e non per la verità  che ha in sè.
Anzi ci siamo talmente assuefatti ad apparire, ad indossare sagome di circostanza, che a volte non riusciamo a distinguere quanto fa parte della maschera e quanto della nostra vera natura.
Scivolati un pò tutti in questa ragnatela di maschere, non doniamo più ciò che siamo, ma vendiamo soltanto ciò che sembriamo con un frasario commerciale, che non disdegna la stessa espropriazione di se stesso.