Categoria: Attualità

La nascita del nuovo Anno

Perdersi nel tempo senza gustare il suo scorrere è profondamente triste. Non cogliere la possibilità di vita, che ogni istante racchiude in sé, è come un lento morire alle meraviglie, che lo spirito dona a chi si lascia aprire dalla sua bellezza. E’ solo uno smarrirsi in tante corse senza meta che creano un  senso di vuoto  e di insoddisfazione.

E’  la storia di molti, che si consumano in un movimento perenne, senza mai nutrire speranze reali di  futuro, bagnato dalla volontà di essere e non di sembrare nel solito circuito di fragili finzioni.

Al cospetto di quest’anno, già morente tra il chiasso e la baldoria, quasi celebrazione liberatoria di tutto ciò che non produce piacere o non è moda, è indilazionabile l’urgenza di rivisitare  il proprio vissuto, onde cercare e trovare nuove spinte propulsive, per configurare e qualificare quell’onda di umanità, che rende tutti più buoni e, soprattutto, più attenti  a quelle sue orme, che il tempo incide in ogni cuore.

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L’ OTTO PER MILLE: Un gesto di amore verso la Chiesa cattolica

foto otto

AD OGNI FEDELE

La tua è una scelta, che crea ponti di carità. Ti fa silenzioso facitore di bene, rendendoti presente nel sorriso di chi riceve, nella speranza di chi vive l’attesa.

Con la tua scelta arrivi là dove la fame e la disperazione uccidono; dove gli occhi smarriti dei piccoli si perdono nel vuoto; dove il cuore degli adulti è stretto nell’angoscia della povertà.

SCEGLIENDO LA CHIESA CATTOLICA

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Expo 2015 : tutto e tutti in vetrina

expo

Tutto  e tutti in vetrina nella visione di un mondo globalizzato,
che, pur offrendo sorrisi di aperture, non  è  ancora straniero
alla cultura dello scarto, la cui lettura dipinge una ragnatela,
attraverso cui brillano gli occhi della povertà.
A che serve sentire il respiro della globalità, quando adesso,
proprio in questo momento, milioni di uomini muoiono di fame
o si consumano, spenti persino nel desiderio di sopravvivenza?
È una vera angoscia vivere sotto la scure della manipolazione.

 

La suora, madre di Francesco

 

suoraLa maternità  è  sempre un dono di Dio non solo per se’, ma anche per gli altri.

Non importa se ad essere madre sia una suora: un evento altrettanto bello che non può però essere banalizzato da dichiarazioni da crocicchio, che rivelano la solita povertà di spirito da parte di chi si ferma alla semplice cronaca e non scende nella problematica esistenziale della donna- madre al di la della suora.

Certo è una notizia ricca di curiosità, che acuisce gli artigli della fantasia, ma non può perdersi solo nella ragnatela di tali pensieri.

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Etica del Lavoro

Il mio è un intervento  intessuto di considerazioni, generate essenzialmente dalla visione di una realtà, la nostra, dove quasi tutto si misura sull’avere e poco o nulla sul rispetto dell’essere e,quindi, della dignità della persona. Sembra ascoltare il grido inquietante di Fromm,quando dice:”l’uomo è morto,viva la cosa”,soprattutto la cosa che produce ricchezza,consumismo,indipendentemente dalla realizzazione di chi la produce e dall’integrazione del lavoro nella costruzione  di una sana vita personale e relazionale.

Non si può negare che oggi molti dimenticano o banalizzano la priorità dell’uomo, la dignità e la finalità del lavoro, sacrificate spesso sull’altare di una dinamica di mercato e di produzione, interpretata come indipendente dallo stesso soggetto del lavoro. Purtroppo c’è più attenzione al significato oggettivo del lavoro che a quello soggettivo, trascurando così che  l’uomo,come persona, è il vero soggetto del lavoro. Pertanto,qualunque sia l’oggetto della sua attività, essa deve mirare alla realizzazione della propria umanità. Ed è proprio questa dimensione soggettiva, personale del lavoro che fonda la sua stessa sostanza etica. Il che significa che il lavoro si misura con il metro della dignità dell’uomo che lo realizza: il valore vero è il soggetto che opera,non tanto le cose che egli realizza o la realtà che domina. Considerare il lavoro come una merce sui generis, una forza anonima del processo di produzione e trattare l’uomo come uno strumento e non come soggetto  e, quindi, come vero scopo di tutto il processo produttivo, significa negare la stessa grandezza e dignità dell’uomo e vederlo solo come parte di un meccanismo socioeconomico. Nessuno uomo deve essere stimato un mezzo per i fini di un altro né deve essere usato per fini che non siano quelli del suo sviluppo umano integrale. Il che comporta che una azienda, una impresa non deve guardare solo il risultato finale, vedendo il soggetto del lavoro come un semplice fornitore, in grado di erogare una prestazione, ma deve saper organizzare un contesto di reciproche responsabilità, dove il lavoro viene visto sia come un bene,che offre possibilità di sostentamento ed opportunità di crescita umana,spirituale e professionale; sia come dono di sé,di servizio per il bene comune, di apertura verso gli altri,di altruismo. Naturalmente questo contesto di corresponsabilità, che dovrebbe vedere coinvolti lavoratori ed imprenditori,esige per i primi passione per il proprio lavoro e professionalità; per i secondi, l’impegno a migliorare la qualità del contesto umano ed organizzativo in cui si lavora, in modo che ognuno possa dare il meglio di sé. Guidati da tali obiettivi,entrambi non si esauriscono ad avere“il più”, quanto piuttosto ad essere “di più”.

Pertanto, se negli uni o negli altri vengono a mancare queste tensioni etiche, che creano corrette relazioni, certamente funzionali allo svolgimento delle attività produttive, facilmente si scivola in un andirivieni di interessi particolari, che sviliscono non solo il lavoro in sé e l’interpersonalità tra i suoi soggetti, ma anche lo stesso interesse aziendale, generando confusione e reciproca volontà di tutelare non il bene dell’azienda o dell’impresa, ma solo il proprio immediato e momentaneo “particolare”, per il cui raggiungimento si adoperano tutti i mezzi, spesso anche illeciti. Invece, in una dinamica di attente responsabilità, animate da un reciproco spirito di servizio e di cooperazione per il bene comune,che stanno alla base di una autentica umanizzazione della vita economica, si creano e si delineano prospettive di collaborazione nell’interesse delle rispettive dignità dei soggetti del lavoro:lavoratori ed imprenditori, e della stessa azienda od impresa, che viene a configurarsi non più come un “quid” impersonale, in cui calare semplicemente le proprie pretese, ma come un “quid” personalizzato e familiare, nel quale tutti si ritrovano come protagonisti e non più come comparse di cui servirsi. Se il lavoro viene così interpretato ed i rapporti tra i suoi soggetti così vissuti, allora tutto diventa semplice e sopportabile; persino le normative giuridiche che si rincorrono sulla sicurezza delle attività lavorative non saranno stimate come pesi da evitare, ma come “doni” da applicare, per la comune salvaguardia.

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