V Domenica Tempo Ordinario

saleQuella di oggi è la domenica “del sale e della luce”. Due immagini semplici, ricche di significato, tratte dall’esperienza quotidiana, con le quali Gesù definisce la natura del vero cristiano, e, quindi, ci presenta l’identità del vero discepolo. E lo fa subito dopo la proclamazione delle Beatitudini, quasi a volerci dire che solo chi è povero in spirito, mite, misericordioso, operatore di pace, può diventare sale della terra e luce del mondo. In altre parole, colui che Gesù chiama “beato”, non lo è solo per se stesso, ma anche  per gli altri. Il discepolo, che sa di essere il riflesso della identità di Gesù, non può non ascoltare l’invito ad essere punto di riferimento, di purificazione e di trasformazione nel contesto storico e sociale in cui vive ed opera. Pertanto, cogliere il valore di queste due immagini, sulle quali Gesù innesta l’insegnamento rivolto ai discepoli, è molto importante. Ebbene, nella prima troviamo una vivace qualificazione di coloro che si mettono alla sequela di Cristo: ”Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini”. Al di là della ricchezza simbolica che il sale evoca presso gli antichi, possiamo dire che esso è un felice simbolismo per configurare la natura del cristiano, il quale deve essere in mezzo agli uomini quello che il sale è nel cibo. La sua presenza nel cibo, anche se non si nota, è indispensabile; viceversa, la sua assenza non passa inosservata e, quindi, non si può nascondere. Come il sale, che agisce negli alimenti in maniera discreta,scioglie nodosi e perdendosi in un gustoso sapore, così ogni cristiano, in umiltà e senza chiasso, deve saper dare sapore nuovo alle cose. Deve far rinascere il gusto e il desiderio di ciò che e’ semplice, di fronte ad un mondo così sofisticato ,che ci propina tante stranezze  comportamentali. Un cristiano che semina gioia, che si pone  quale testimone di onesta’ o portatore di solidarietà; e lo fa senza grandi parole ed ostentazioni, esprime in maniera feconda il suo compito di essere sale della terra. Viceversa, un cristiano che non diventa all’interno di una comunità, vera profezia, pero’ non a parole,ma con le opere, rischia di essere insignificante, del tutto inutile.  E l’ insignificanza  è il pericolo che incombe su molti di noi, spesso sedotti solo dal profetismo delle parole, nel disincanto della vita quotidiana, nella quale più che testimoniare Cristo, preferiamo soltanto metterci in mostra, accaparrarci le prime pagine, dimenticando che Gesù non si è mostrato al mondo in modo spettacolare, ma in tono umile e dimesso. Questa immagine del sale, usata da Gesù per designare i discepoli e la Chiesa, è da Lui completata con quella della luce: ”Voi siete la luce del mondo”. Come Cristo, luce che rischiara il cammino dell’umanità verso Dio, così noi cristiani, suoi seguaci, siamo chiamati a manifestare, con la luce della nostra fede, Dio agli occhi del mondo. E tale annunzio non lo dobbiamo far passare solo attraverso le parole, ma attraverso la testimonianza delle opere:” Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perchè vedano le vostre opere e rendano gloria al Padre che è nei cieli”.le quali rendono visibile nella nostra vita la forza trasformante del Vangelo. Solo davanti a queste opere il mondo saprà vedere la mono di Dio, e leggerà sul volto di chi le compie i tratti del volto di Cristo. Significativo a tale proposito, è il rimprovero che il filosofo tedesco, ateo, il Nietzsche, rivolgeva ai cristiani:” Se la buona novella della vostra Bibbia fosse anche scritta sul vostro volto, voi non avreste bisogno di insistere…… le vostre opere dovrebbero rendere quasi superflua la Bibbia, perché voi stessi dovreste essere la Bibbia viva”. Purtroppo, molto spesso più che essere pagine evangeliche viventi, specchio dell’agire stesso di Dio, siamo soltanto cembali sonori, vibranti per noi stessi e per le nostre esigenze di protagonismo. Ebbene, la testimonianza delle opere è richiamata in maniera energica anche nella prima lettura, ripresa dal libro di Isaia, dove il profeta, lungi da ogni forma di ritualismo, esalta il primato dell’amore: ”spezza il tuo pane con l’affamato, introduci in casa i miseri, senza tetto, vesti chi è ignudo, senza distogliere gli occhi dalla tua gente. Allora la tua luce sorgerà come l’aurora”. Il cristiano che ama concretamente, che si mette dalla parte del bisognoso, risplende davvero come luce; una luce che, squarciando le tenebre dell’errore, rende possibile l’incontro con Dio e con i fratelli. Pertanto, non possiamo continuare ad essere cristiani chiusi in noi stessi, soddisfatti della nostra fede, espressa nella semplice pietà ritualistica.  Dobbiamo essere cristiani per gli altri, al servizio di tutti, non ostentando la nostra magniloquenza persuasiva con una sorta di autocompiacimento, ma seguendo la logica di Cristo Crocifisso, che dalla debolezza della Croce fa scaturire la più grande luce d’amore, che tutti dobbiamo testimoniare con la forza dello Spirito Santo.

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