TERZA DOMENICA TEMPO ORDINARIO ANNO C

terzaLa liturgia della Parola di questa domenica è dominata da due scene, molto simili tra loro, che raccordano la prima e la terza lettura.

La prima scena, ripresa dal libro di Neemia, ci presenta una vera e propria assemblea liturgica, in mezzo  alla quale il sacerdote  Esdra legge e proclama il “libro della legge di Mosè”. E’ una lettura pubblica e solenne fatta in presenza e con la partecipazione di tutto il popolo, che si alza in piedi, solleva le mani, si inginocchia in adorazione, ed infine risponde con la formula, divenuta classica anche nella liturgia cristiana:”Amen, Amen”. Questa proclamazione della Parola non si risolve in una semplice lettura di brani, presi alla rinfusa. Essa esige brani inizialmente selezionati, il cui senso deve essere spiegato, per “trarre fuori” da essi tutta la ricchezza che ogni parola della Bibbia contiene. Nello stesso tempo, lettura e spiegazione devono veicolare l’assemblea alla comprensione della Parola: una comprensione non semplicemente culturale, ma gustata ed alimentata dall’intelligenza e dal cuore. Da questa triplice azione scaturiscono due atteggiamenti:  il primo atteggiamento è caratterizzato dalle lacrime di conversione, che affiorano agli occhi di chi ascolta, espresse non solo dal senso di pentimento e di dolore:”Tutto il popolo piangeva mentre ascoltava”, ma anche dall’esigenza di carità verso i bisognosi; il secondo dalla fiducia che sboccia,  perché l’ultima parola di Dio non è di condanna, ma è promessa di perdono. Ecco perché il governatore Neemia, Esdra e gli altri leviti intervengono per ricordare a chi piange che quello non deve essere un giorno di tristezza, ma di gioia:”Andate, mangiate carni grasse e bevete vini dolci……., non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la nostra forza”.

Ci troviamo in presenza di un’assemblea liturgica, trasformata dall’annuncio e dall’ascolto della Parola: una trasformazione che dovrebbe verificarsi anche per le nostre assemblee domenicali. Cosa che molto spesso non accade sia perché le nostre assemblee avvertono più il fascino delle parole che della Parola di Dio, sia perché i ministri della Parola non hanno una fede autentica nella potenza trasformante della Parola proclamata; sia perché gli ascoltatori più che partecipare e vivere il mistero della Parola annunciata, preferiscono rimanere passivamente nel ruolo di semplici spettatori.

Ebbene, se la prima scena ha come sfondo Gerusalemme, ricostruita dopo l’esilio babilonese, la seconda si svolge nella sinagoga di Nazaret, dove Gesù, avvalendosi di un diritto riconosciuto ad ogni ebreo maschio, quello cioè della lettura di un brano della Scrittura, “si alzò a leggere”. E legge un noto brano di Isaia:”Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione  ed ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi e predicare un anno di grazia”. Questo annunzio di speranza e di liberazione certamente dovette entusiasmare tutta l’assemblea. Ma l’entusiasmo si trasforma in ribellione, quando Gesù, spiegando il testo, usa una frase strana e pesante come una pietra:”Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi”. Una affermazione di autenticità divina che ci indica come tutta la speranza annunziata dal profeta Isaia è diventata realtà “oggi”, proprio in Gesù di Nazaret. In questa scena l’evangelista Luca inquadra il ritratto più idoneo di Gesù, anticipando in maniera sintetica, il programma della sua missione liberatrice: libertà dalla cecità fisica e spirituale, libertà dalla povertà e dalla schiavitù, libertà dal peccato. E’ la liberazione integrale dell’uomo, che si ottiene soltanto amando e perdonando, con la tolleranza ed il rispetto, la fratellanza e la solidarietà. A queste due scene, l’una del Vecchio e l’altra del Nuovo Testamento, possiamo sovrapporre il contesto delle nostre assemblee domenicali, nelle quali Cristo ancora entra con la sua parola, e per le quali speriamo che questa Parola, come allora, provochi negli uditori le lacrime della conversione e la gioia della carità. Vorrei concludere con una frase di Simeone, il Giusto:”il mondo si fonda su tre cose: la Bibbia, la preghiera e gli atti ispirati dalla giustizia e dall’amore”.

 

 

 

 

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