DOMENICA XXI

pietro

Il Vangelo di Matteo in genere è definito “il Vangelo ecclesiastico per eccellenza”. E il brano odierno ne costituisce una sintesi, essendo un po’ come un compendio di tutta la Cristologia e della stessa ecclesiologia. In esso infatti ci viene presentato il mistero di Cristo ed il mistero della Chiesa. L’episodio storico nel quale troviamo inserita questa ricchezza dottrinale si verifica a Cesarea di Filippo, dove Gesù pone ai suoi discepoli due domande, il cui eco è sempre di forte attualità anche per noi che spesso costruiamo di Cristo un’immagine riduttiva e conforme ai nostri schemi mentali. Nella prima Gesù chiede:” La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Sembra una richiesta di semplice curiosità, finalizzata a conoscere il pensiero della “gente” circa la Sua persona. E gli Apostoli rispondono, riportando appunto le diverse opinioni della gente:” Alcuni dicono Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”. E quella di “profeta” era la qualifica più alta che la gente comune potesse attribuire ad una persona. Ma Gesù non si ferma a tali considerazioni, ben sapendo che non coincidono con la realtà che nasconde in sé. Perciò, incalza gli apostoli con una seconda domanda, per conoscere il loro parere personale su di Lui: “Voi chi dite che io sia”. A questo punto interviene Pietro che parla a nome di tutti e dice:” Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E’ la grande confessione di fede di Pietro. Una confessione completa e matura, che riconosce non solo la messianicità di Gesù, ma anche la sua figliolanza divina, a differenza degli altri evangelisti, che nella confessione di Pietro proclamano soltanto  Gesù come il Messia, promesso dai profeti e atteso dal popolo. Così, nel Vangelo di Marco leggiamo: ”Tu sei il Messia”; in Luca troviamo:” Tu sei il Messia di Dio”; infine, in Giovanni viene riferito: “Tu sei il Santo di Dio”. Solo in Matteo, pertanto, abbiamo questa doppia confessione, che non dovrebbe però meravigliare più di tanto, soprattutto se consideriamo che già in occasione del cammino di Gesù sulle acque agitate del lago di Tiberiade, i discepoli, prostrandosi, avevano esclamato: ”Tu sei veramente il Figlio di Dio”. In altre parole, essi comprendono che in Gesù non c’è semplicemente un profeta, portavoce della rivelazione di Dio, ma il Figlio di Dio Padre. Tocchiamo così il vertice della fede in Gesù Cristo, che Pietro coglie non per la sua intelligenza, ma per una speciale rivelazione di Dio. E’ la fede, dono che gli viene dall’Alto, che lo apre alle meraviglie di Dio. E Gesù lo sottolinea, dicendogli: ”Beato te, Simone, figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli”. Qui Gesù non solo si compiace con Pietro per la primizia della conoscenza della sua divinità concessagli dal Padre, ma anche per la funzione di preminenza che avrà all’interno della Chiesa.

Del resto, la Chiesa si fonda sulla fede nella divinità di Gesù. Senza questa fede risulterebbe un semplice insieme di persone, ma non una comunità che Dio convoca e salva in Cristo Suo Figlio. In questa luce comprendiamo meglio la seconda parte del passo evangelico, il cui contenuto, esclusivo di Matteo, è di grande rilevanza teologica. A Pietro che ha confessato Cristo come “Figlio di Dio”, Gesù risponde con una promessa formale, usando tre immagini, che specificano la missione speciale che intende conferirgli. Con la prima lo chiama non più Simone, ma Pietro; e, giocando con questo nuovo nome, lo pone quale “pietra” di fondamento su cui edificherà la sua Chiesa:” Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”. La persona di Pietro diventa la pietra-base sulla quale Gesù costruirà l’edificio spirituale che è la Chiesa, che non si sgretolerà mai, essendo come “casa fondata sulla roccia”.

Con la seconda immagine Gesù, paragonando il Regno dei Cieli ad una casa, affida a Pietro “le chiavi” di accesso:”A te darò le chiavi de Regno dei Cieli”; chiavi che simboleggiano l’autorità di cui verrà investito. Con la terza immagine:”tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”, Gesù attribuisce a Pietro il potere di proibire e permettere un determinato comportamento, il potere di escludere o di ammettere nella comunità. In altre parole, Pietro viene costituito il custode ed il garante della dottrina e della morale della comunità. E questa pienezza di autorità concessa da Gesù a Pietro non termina con la morte dell’Apostolo, ma si trasmette ai suoi successori, i Papi, quali vescovi di Roma. Del resto Gesù non fonda una Chiesa limitata al destino terreno di un uomo, ma la vuole con un valore universale ed eterno. Per cui, le prerogative ricevute da Pietro non sono di scadenza, ma si perpetuano nei suoi successori, eredi del suo compito come della sua autorità. Ma davanti alla domanda iniziale di Gesù: ”Voi chi dite che Io sia?” e alla risposta di Pietro:”Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio Vivente”, quale è la nostra posizione? Noi in chi crediamo? Chi è Gesù per noi? Che cosa è la Chiesa? Chi rappresenta il Papa? Purtroppo, di fronte a tali domande, ci siamo fermati alla soglia del mistero, distratti dalla cultura dei falsi idoli.  Abbiamo preferito non andare oltre, per non aprirci nella fede all’autentica conoscenza di Cristo e della Chiesa. Invece, oggi più che mai, tramontate tutte le velleità ideologiche, abbiamo bisogno di conoscere a fondo Gesù, la Sua Persona. Il che è possibile soltanto  attraverso la lettura del Vangelo e la preghiera: condizioni essenziali per gustare nello spirito la vera identità di Gesù e per innamorarci della Chiesa, la quale, per quanto spesso disprezzata, resta per tutti noi l’unico porto di tranquillità e di intimità con Dio.

 

 

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