Domenica delle Palme e della Passione

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La domenica delle Palme e della Passione del Signore apre la settimana Santa, il tempo “più forte” dell’anno liturgico, perché in essa viene celebrato il mistero centrale della nostra fede: la morte e la risurrezione di Cristo. L’apertura avviene con una scena di trionfo, quale è la benedizione delle palme e la processione in onore di Cristo-Re, che fa il suo ingresso a Gerusalemme tra le grida osannanti della folla. Un trionfo che ben presto si muterà in spietata congiura di morte.

Un aspetto importante del racconto dell’ evangelista Matteo, che vorrei sottolineare, è  la dichiarata innocenza di Gesù, nonostante i tanti tentativi per dichiararlo ” reo di morte “.  Tale innocenza si rileva da tutto il racconto, ed appare chiara sia dal sogno della moglie di Pilato che lo esorta a “non avere a che fare con quel giusto “, sia dal gesto dello stesso Pilato, che ” si lava le mani davanti alla folla “, dicendo: ” non sono responsabile di questo sangue…”.

Nell’innocenza di Gesù emerge però  la colpevolezza degli uomini, per cui il processo a Gesù  e’ anche il processo agli uomini. Così, mentre Pilato proclama che Gesù è  innocente, poi lo condanna a morte. I Farisei e i sacerdoti del Tempio,  che pur gridano il rispetto della Legge, poi la violano nella procedura e nel contenuto, condannando l’inviato di Dio, Cristo, incapaci di vedere in Lui la rivelazione del suo mistero. Persino la folla, che prima l’aveva  accolto come re, adesso gli gira le spalle, chiedendo di crocifiggerlo.

E che dire dei suoi stessi discepoli?  Giuda lo vende per trenta denari: l’ ebbrezza di un istante, poi la solitudine, la disperazione, infine il suicidio. Lo stesso Pietro, che poco prima aveva solennemente giurato a Cristo la sua fedeltà, adesso lo tradisce per ben tre volte, non avendo il coraggio di confessarlo in pubblico. Ma tutti, al momento del suo arresto ” abbandonatolo, fuggirono”.

In questa storia, come ben si può leggere, non si descrive solo il giudizio iniquo degli uomini su Gesù, ma anche e soprattutto il giudizio di Dio sugli uomini, e, quindi su tutti i cristiani, che continuano a tradire e vendersi,oggi come allora, per pochi spiccioli il proprio Signore.

Il che sta a significare che quella storia continua ad interpellare ognuno di noi, perché  un po’  tutti continuiamo ad essere presenti in quel dramma, restando sul palcoscenico come protagonisti, comparse o semplici servi della cattiveria, che non disdegnano di schiaffeggiare Gesù come fece quel servo, durante il processo, solo per ingraziarsi il sommo sacerdote, il padrone di turno del nostro quotidiano.

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