Terza Domenica Di Quaresima

samaritana

 La liturgia della Parola di questa terza domenica di quaresima è dominata dal tema dell’acqua: elemento naturale, di cui Gesù, in dialogo con la samaritana, si serve, per tracciare un cammino di redenzione del Suo mistero, dono di salvezza per tutta l’umanità. Attraverso questo simbolo, con una progressiva gradualità, esprime che Egli è e quale è la Sua missione. Ma prima di entrare nella descrizione dell’incontro di Gesù con la donna di Samaria, che è una delle pagine più belle del IV° Vangelo, è opportuno sottolineare che anche le altre due letture gravitano intorno a tale simbolismo.

      Nella prima, tratta dal libro dell’Esodo, ci troviamo davanti al miracolo dell’acqua abbondante, scaturita dalla roccia. Qui, ancora una volta Dio non dimentica il suo popolo, uscito dalla schiavitù d’Egitto ed ora pellegrino nel deserto, ove soffre per la mancanza d’acqua. Di fronte alla sua ribellione e, persino, al desiderio di ritornare ad essere schiavo del Faraone piuttosto che libero in un deserto inospitale, Dio accoglie la preghiera di Mosè, rispondendo con un dono inatteso: l’acqua della roccia in pieno deserto. San Paolo con un’esegesi abbastanza ardita, di carattere chiaramente allegorico, nella prima lettera ai Corinzi,  vede in questa acqua sgorgante dalla roccia Cristo, roccia viva e sorgente di acqua zampillante per la vita eterna. E all’acqua allude anche la II^ lettura, presa dalla lettera ai Romani, dove l’amore di Dio, fondamento della nostra speranza, viene riversato in abbondanza nei cuori come acqua che feconda la terra. A questo punto entriamo nella meravigliosa ricchezza del brano evangelico, dove, guidati dal simbolo dell’acqua, approdiamo ad orizzonti fortemente teologici, in cui Cristo e Dio stesso diventano sorgente di vita eterna. Anzi, in tale episodio vediamo che non è l’uomo assetato che va alla ricerca di Dio, ma è Dio stesso che ha sete dell’uomo e chiede di essere da lui accolto, come Gesù fa con la samaritana.

Ebbene, la scena descritta dall’Evangelista Giovanni si apre attorno ad un pozzo, dove Gesù, stanco del viaggio, siede. Prendendo l’iniziativa, chiede da bere ad una donna samaritana, giunta lì, con una brocca, per attingere acqua. La richiesta è motivo di sorpresa: ”Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?”. Di fronte allo stupore della donna, assistiamo ad un rovesciamento di situazioni: non è più in gioco la materialità dell’acqua, di cui Gesù aveva avuto bisogno per soddisfare la sete, ma qualcosa di più misterioso: ”Se tu conoscessi il dono di Dio – le dice Gesù – e chi è colui che ti dice: dammi da bere, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva”…E “ chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno”.

Ma la donna non comprende; non riesce a vedere al di là del semplice interesse materiale;  addirittura diventa quasi ironica con Gesù, fino a dirgli: ”Signore, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua”. Purtroppo, come la samaritana, così anche noi spesso restiamo ancorati a desideri esclusivamente materiali; ci illudiamo di riempire il nostro cuore di sole cose; affoghiamo la nostra sete nella conquista del benessere; pensiamo di essere felici, ma nella nostra intimità viviamo una grande indigenza spirituale, non perché ci manca qualcosa, ma perché non abbiamo Lui, il Cristo, nel cuore. Intanto, Gesù, con la sua pedagogia divina, apre il cuore della samaritana, facendole scoprire il sipario della miseria: rivede tutta la sua vita, ricevendo in Gesù il dono dell’acqua che zampilla per la vita eterna. Per lei, ormai Gesù non è più un giudeo qualunque, ma un profeta, forse il Messia, infine il salvatore del mondo. Infatti, il discorso dal simbolismo dell’acqua si spinge oltre e si riveste di maggiore profondità, in chiave prettamente cristologica: Gesù si rivela non solo come Colui che disseta, ma anche come il “luogo” del nuovo incontro con Dio: ”credimi, donna … viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”. Un’affermazione forte che non allude  ad un luogo diverso per adorare Dio, ma ad un contenuto e significato del tutto nuovi: in altre parole, il Dio che adoriamo non è il Dio lontano, quasi dirimpettaio alle nostre vicende; è il Dio che in Cristo si è fatto vicino a noi, ansioso di condividere Se stesso con la nostra storia. Pertanto, l’espressione “adorare Dio in spirito e verità” non si riferisce tanto al culto interiore in contrapposizione a quello esteriore, quanto al culto nuovo, animato dallo Spirito di Dio, che riceviamo durante il battesimo. Questo nuovo culto, nel quale incontriamo Dio, è Gesù Cristo: ”Sono io che ti parlo”, dice Gesù alla samaritana. A questo punto la rivelazione si fa completa. Il cammino di fede, iniziato con la donna samaritana culmina in un coro di fede, professato da molti samaritani, i quali, dopo aver ascoltato direttamente Gesù, rivolgendosi alla donna, dicono: ”Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo”.

Ebbene, in questo tempo di quaresima non spegniamo la sete di Dio; ascoltiamo la Sua parola, sorgente di acqua viva, che solo Lui può donarci nel Figlio Gesù; lasciamoci plasmare dal mistero di verità e di amore di Cristo, per diventare suoi messaggeri, e, per proclamare, come gli antichi samaritani, che Egli “è veramente il Salvatore del mondo”.

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