Prima Domenica Quaresima

tentazione

 La Quaresima è un “tempo forte” dell’anno liturgico. Forte, perché è grande il mistero che celebriamo, tutto teso verso la Pasqua, che è la festa primordiale. E’ il tempo in cui si svela pienamente  in noi il mistero pasquale di Cristo. Forte, perché è tempo di meditazione e di riflessione; di conversione e di adesione piena al Vangelo. E’ una nuova occasione per ridisegnare il nostro rapporto con Dio, per credere in Lui che ci ha amati per primo; per prendere coscienza che Dio, attraverso la Croce del Figlio, viene a noi in un slancio di amore infinito. Naturalmente tutto ciò richiede un ascolto più intenso della Parola di Dio; un lavorio interiore efficace per rendere trasparente il nostro cuore alla Sua accoglienza. E’ un cammino lungo, ma necessario per arrivare alla vita nuova in Cristo. Tale itinerario è contrassegnato dal simbolismo del numero quaranta, che nella tradizione biblica indica sempre un periodo di  particolare impegno e di profonda tensione prima di incontrare Dio. Pensiamo ai quaranta giorni di Mosè sul monte Sinai; ai quaranta anni di peregrinazione di Israele nel deserto oppure ai quaranta giorni di Elia in cammino verso l’Oreb. Dio non Lo incontriamo nel chiasso o nel frastuono; non si rivela alla vita frenetica e dispersiva in cerca del superfluo. E’ il silenzio, il deserto il luogo privilegiato dell’incontro con Dio. E se non facciamo il silenzio attorno a noi e dentro di noi; se non facciamo il deserto, in noi mai brillerà la luce della Sua presenza. Il cammino quaresimale che la Chiesa ci propone, vuole essere una lenta peregrinazione interiore per incontrare Cristo, nostra Pasqua.

   Ebbene, in questa prima domenica di quaresima, la liturgia della Parola, attraverso scelte letture bibliche, ci dice che la salvezza non fallirà, perché è opera di Dio. Nello stesso tempo, ci avvisa che, sino alla fine della storia, la lotta tra il bene ed il male non registrerà alcuna tregua. E’ una lotta dura che inizia con i nostri progenitori, i quali,  sognando di “diventare come Dio”, compiono un gesto di ribellione e di autosufficienza nel Suoi confronti. Tentati, mangiano il frutto proibito, cadendo nella trappola del peccato, che li porta ad una diversa impostazione della vita. Infatti, subito “si accorgono di essere nudi”. Nasce così nel loro cuore la malizia, la prima avvisaglia del disordine che il peccato porta con sé. Poi, invece di continuare a specchiarsi nella verità e nella bellezza che Dio ha impresso in loro, si nascondono, temendo il Suo sguardo. Infine, spezzando ogni legame di dialogo e di vicinanza con Dio, diventano artefici di dominio e di sopraffazione, tanto da sgretolare la stessa immagine e somiglianza. E’ la grande tentazione che, non vinta dai nostri progenitori, determina il male e la sofferenza del mondo. Ma se per la disobbedienza di Adamo il peccato e la morte entrano nel mondo, per merito di un altro uomo, Gesù, il nostro Adamo, la salvezza è venuta a noi. Pertanto, l’annuncio fondamentale della liturgia della Parola odierna non è tanto “noi siamo peccatori”, quanto “Cristo è nostro Salvatore”. Anzi, tra questi due estremi, peccato e redenzione, si distende lo scenario della nostra storia, dove ci giochiamo la carta della nostra grandezza o della nostra miseria.

Lo sfondo delle due letture, quella della Genesi e di San Paolo ai Romani, ci permette di comprendere il racconto delle tentazioni di Gesù nel deserto. Tre tentazioni, aspetti di un unico cammino di prova, nel quale vediamo condensata l’esperienza di tutta la vita di Cristo, il quale, fin sopra la Croce viene tentato di seguire la via del messianismo facile: ”ha salvato gli altri, non può salvare se stesso. E’ il re di Israele, scenda ora dalla Croce e gli crederemo”. Gesù non cede, non si compromette con le facili richieste spettacolari; il Suo non è un progetto di potenza o di dominio, ma di amore e di donazione. Così alla triplice tentazione dell’avere, del successo e del potere, risponde con tre citazioni tratte dal libro del Deuteronomio: ”Sta scritto: non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”; “sta scritto anche: non tentare il Signore Dio tuo”; infine, ”sta scritto: adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi culto”.  Con questi riferimenti biblici, Gesù non solo dimostra che la sovranità di Dio è la fonte delle Sue scelte, ma rivela anche che l’unico cibo che lo sostiene nell’essere e nell’operare è l’obbedienza alla volontà del Padre, a differenza di Adamo che si ribella al Suo Creatore.

Ebbene, nell’attuale contesto sociale le tentazioni subite da Gesù si rivestono di grande attualità. Infatti, oggi ci troviamo di fronte alla tentazione del denaro e del benessere; e, quindi, di una politica che tende ad esaurire le spinte propulsive solo nel profitto a danno delle antiche e nuove povertà. Ci troviamo di fronte alla tentazione del successo, una lama sottile che colpisce tutti, anche gli uomini di Chiesa, che a volte per pizzichi di consenso, rinunciano all’annuncio umile e provocatorio del Vangelo. Ci troviamo di fronte alla tentazione del potere che striscia ovunque, anche tra gli uomini di Chiesa, che spesso cercano più spazi di potere per sé che di servizio per gli altri. Purtroppo, in queste tentazioni non avvertiamo la presenza del diavolo, tanto ci siamo assuefatti ad esse. Sembra quasi vero quello che dice lo scrittore Leonardo Sciascia, in una delle sue ultime opere, il Cavaliere e la morte: ”Il diavolo se ne è andato, perché si è accorto che gli uomini sanno fare molto meglio di lui”. Certamente non possiamo accogliere una religiosità che gira intorno alla figura del diavolo, perché il cuore della nostra fede è la grazia di Dio e la pace che viene da Cristo. Però neppure possiamo negare la sua presenza, che – come dice San Pietro – “come leone ruggente va in giro cercando che divorare”. Ed è proprio a questa presenza sottile e silenziosa che dobbiamo resistere, convinti che se Cristo ha vinto il demonio del denaro, del successo e del potere, anche noi, guidati dallo Spirito di Dio e riconquistati da Cristo, possiamo vincere le provocazioni del male, seguendo il suo esempio di assoluta fedeltà alla Parola di Dio e di incondizionata obbedienza alla volontà del Padre.

Lascia un commento

Devi autenticarti per lasciare un commento