La vita non è ricerca di esperienze, ma di se stessi

sogno

«La vita non è ricerca di esperienze, ma di se stessi. Scoperto il proprio strato fondamentale ci si accorge che esso combacia col proprio destino e si trova la pace». Così scriveva Cesare Pavese nell’opera autobiografica il “Mestiere di vivere”. Ogni singolo giorno che viviamo può essere paragonato al passare da una stanza ad un’altra di una dimora che non conosciamo; tuttavia, abbiamo un tempo prestabilito per addentarci in essa. Senza dubbio, posso affermare il fatto che questa riflessione mi è stata ispirata da un sogno che ho fatto.
L’ambientazione onirica mi ha proiettata in un corridoio collegato ad una camera luminosa. Quest’ultima aveva delle grandi vetrate al posto delle pareti. Tant’è vero che, attraverso esse riuscivo chiaramente a scrutare le tonalità via via sempre più sfumate del blu di un’insenatura marina. Ma, non appena le creste delle onde (a causa del vento) hanno raggiunto altezze incredibili, sconvolgendo la quiete di quel paesaggio, in preda allo spavento mi sono immediatamente allontanata da lì. A questo punto, non conoscendo il luogo in cui mi trovassi, ho cercato di pianificare un tragitto da percorrere. Tutto inutile: perdevo facilmente l’orientamento, ed ero sempre più insicura in merito alla strada che avrei dovuto intraprendere! Subito dopo, entrando in un’altra stanza (non molto lontana dalla precedente) tappezzata con pareti di velluto rosso e rifiniture in oro, ho avvertito un forte senso di inquietudine per essere finita proprio lì, tra la noia manifestata dai suoi occupanti e lo sfarzo eccessivo degli arredi. Da quel momento in poi, stabilii che avrei preso la direzione che mi avrebbe suggerito il caso! Per cui, il tempo di chiudere per un attimo gli occhi quando li riaprii, mi ritrovai di fronte gli scaffali polverosi di una libreria. Mentre stavo leggendo un titolo scritto in esili caratteri greci, per chissà quale motivo fui costretta ad abbandonare improvvisamente anche quel posto. Soltanto all’uscita mi resi conto di avere tra le mani il testo dell’Iliade omerica. Fra me e me, mi rassicuravo dicendo che, non c’era tempo da perdere, non bisognava fermarsi! Per non parlare poi delle persone che passavano al mio fianco, senza neanche accorgersi della mia presenza, distratti da chissà che cosa! In seguito, in preda a questo smarrimento apparentemente senza via d’uscita, ho preso delle scale per scendere ai piani inferiori. Più tardi, sono inconsciamente rinsavita a proposito della ragione per la quale ero lì. Ero sul punto di rinunciare all’impresa, quando alla fine decisi di incamminarmi verso un giardino. Non potevo sperare in nulla di buono, dal momento che non avevo ben presente chi dovessi incontrare e, il luogo esatto in cui dovesse avvenire tutto ciò! Però, l’unica cosa che mi fece sentire protetta in quel momento fu il fatto di potermi riparare sotto la chioma di un maestoso ulivo. I suoi rami mi diedero l’impressione di volersi annodare ai capelli, per non lasciarmi andare via. Subito dopo, avvertii la presenza di qualcuno a pochi passi da me. Ne ebbi timore, per cui mi alzai di scatto per vedere se mi sbagliavo o meno. Stentavo a credere ai miei occhi, quando capii che pochi metri mi separavano dalla figura celeste di un Angelo! Cosa che egli lasciò intendere subito, senza enigmatici giri di parole. Mi rassicurò pure in merito al fatto che, per tutto il tempo non mi aveva mai lasciata sola! Infatti, è dal cuore che si era messo in contatto con me. Il seguire l’eco della sua voce mi aveva aiutata ad uscire da quel labirinto!

In fin dei conti, anche se si è trattato solo di un sogno, esso si è rivelato in gran parte pregno di verità nel riscontro con degli eventi, che poi si sono in qualche modo verificati. A questo proposito, la lettera agli Ebrei 12,2 ripresa da papa Francesco al paragrafo numero 57 della Lumen Fidei fa proprio il caso nostro sostenendo che, la fede non è luce che dissipa tutte le nostre tenebre, ma lampada che guida nella notte i nostri passi, e questo basta per il cammino. All’uomo che soffre, Dio non dona un ragionamento che spieghi tutto, ma offre la sua risposta nella forma di una presenza che accompagna, di una storia di bene che si unisce ad ogni storia di sofferenza per aprire in essa un varco di luce. In Cristo, Dio stesso ha voluto condividere con noi questa strada e offrirci il suo sguardo per vedere in essa la luce. Cristo è colui che, avendo sopportato il dolore, «dà origine alla fede e la porta a compimento».
A cura di Teresa Perillo

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