La comunicazione è l’effluvio della società nella quale viviamo.
E poiché oggi, più di ieri, siamo smarriti e spesso appesantiti dall’ assenza dei valori, stressati dalla sola preoccupazione dell’apparenza, dalla voglia di cose sempre nuove, da ciò che fa spettacolo e dalla cultura che ama lo scontro e non l’incontro, è facile registrare, in tale contesto, il gusto di una comunicazione disattenta e poco rispettosa della verità e della dignità delle persone.
Purtroppo, c’ è un uso dei mezzi di comunicazione, senza saggezza ed equilibrio, che sembrano più megafoni di rissosità e di chiasso inutile, che veicoli positivi di messaggi, incoraggianti a cercare il dialogo e l’amicizia.
Raccontano cose e persone, fatti ed accadimenti con dovizia di ingredienti, che non mirano al bene degli ascoltatori o lettori, ma solo ad ostentare protagonismo e povere stupidità.
Neppure creano o facilitano l’ amore del bello e del buono nel racconto del vissuto.
Anzi, propinano, a volte, coacervi di parole in chiaroscuro, ricche di allusioni, che si perdono di solito soltanto nell’ambiguo, per non dire, nel recipiente dell’immorale,che raccoglie scandali,speculazioni, concussioni,evasioni, agguati… presentati con la goduria dello scoop e non con la partecipazione sofferta di chi vuole cambiare l’identità di una società, nella quale sembra dominare un solo principio: è lecito cio che piace.
La comunicazione ha in sé la forza di grandi cambiamenti.
È come un fiume sempre in piena, che finchè sta negli argini, conosce la via di ingresso al mare.
Appena tracima da essi, spande fango e rifiuti, che sviliscono ogni bellezza.
Cio avviene tutte le volte che i personaggi pubblici usano il loro ruolo, non per comunicare la verità, condividendo e dialogando per la crescita di chi ascolta o legge, ma solo per interpretare se stessi, gli interessi di parte, le illusioni della gente, non importa se in contrasto o meno con la morale del vivere comune.