La fede: abbandonarsi ad un ” Tu ” che mi sostiene

 

fede come abbandono in Dio«A Dio che rivela è dovuta «l’obbedienza della fede» (Rm 16,26; cfr. Rm 1,5; 2 Cor 10,5-6), con la quale l’uomo gli si abbandona tutt’intero e liberamente» (Dei Verbum 5). Con questo testo il Concilio Vaticano II ci dona una preziosa descrizione della realtà della fede che supera quella concezione intellettualistica e contenutistica che si era imposta con il Concilio Vaticano I. Credere non significa aderire intellettualmente ad alcune verità rivelate; credere non equivale semplicemente a prestare l’assenso dell’intelletto e della volontà ad un corpus dottrinale. Aver fede significa prima di ogni cosa abbandonare la propria vita nelle mani di un Altro che abbiamo riconosciuto come il centro, il fondamento e il senso della nostra storia personale. La fede è sì assenso dell’intelletto e della volontà a Dio che si rivela, ma è anche adesione totale e libera dell’uomo. La fede nasce e si sviluppa all’interno di un rapporto interpersonale e storico, che matura nella comunità ecclesiale. La fede è dialogo interpersonale, interpellante incontro di libertà. Dio, nella sua bontà e sapienza, in maniera assolutamente gratuita e incondizionata, desidera da sempre aprire un dialogo salvante con l’uomo, un salutis colloquium (Paolo VI). La fede è dunque ob-audio, fiducioso affidamento di sé a Dio che si rivela in Cristo come Amore, ascolto dinamicamente proteso verso una Parola portatrice di senso ultimo e definitivo, abbandono totale, libero e consapevole, reso possibile dall’iniziativa gratuita e libera di un Padre, che «muove il cuore» dell’uomo e «apre gli occhi dello spirito», donando a tutti dolcezza e soavità nel consentire e nel credere alle verità. Aver fede è dire “Io credo in Te, Gesù, quale senso pieno della mia vita”. Avere fede è abbandonarsi con l’atteggiamento del bambino ad un «Tu che mi sostiene e che, nell’incompiutezza e nella profonda inappagabilità di ogni incontro umano, mi accorda la promessa di un amore indistruttibile, che non solo aspira all’eternità, ma ce la dona» (J. Ratzinger).

A cura di Don Agostino Porreca

 

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