Oggi c’è una indisponibilità strisciante sull’aldilà, come se fosse una parola di disturbo dalle cose terrene, e, quindi, una specie di evasione da tutto ciò che ha il respiro delle realtà di lassù.
Si ha l’impressione che l’uomo moderno preferisce calarsi e perdersi solo nella trama di questa vita, dove nascita e morte è l’unico gioco di alfa ed omega, che segna il traguardo definitivo di ciò che è.
Eppure, nonostante che interpreti e creda di gustare tutto in questo squarcio temporale, non passa inosservata in lui una sottile insoddisfazione, che lo porta a non accontentarsi mai di ciò che passa.
Si, perché non tutti si accontentano della fragilità di questa vita.
C’è in ognuno una latente percezione di eternità; un brivido di infinito che nessuna siepe, di memoria leopardiana, riesce o può ostruire, essendo sempre vivo nel cuore il desiderio di non concludere il viaggio terreno come un qualsiasi fagotto.
Ed è proprio questa sete di eternità che illumina il presente in una visione di accoglienza di tutto ciò che ha il sapore dell’umanità.