Il pentito: falso o sincero?

pentito

Ciò  che mi fa paura non è la cattiveria di certi uomini, presenti un po’ ovunque sul nostro cammino, quanto l’ indifferenza per ciò che di cattivo essi fanno.

Spesso ho l’ impressione che le azioni, i comportamenti siano qualcosa di distaccato, anzi, come se non fossero affatto ad essi imputabili.

Ogni emozione risulta straniera al cuore, ogni attenzione non rientra nella loro mente.

Non provano né  pentimento né  sussulti di pensosità: tutto scorre senza sentire alcuna ebbrezza né  di caldo né  di freddo.

Così, vedere oggi gli occhi di un pentito, che, con disinvoltura disarmante, numera gli omicidi commessi, senza un alito di dispiacere per il sangue versato, ma solo per l’ ottenimento di benefici sociali e patrimoniali, provo un profondo disgusto e, con sofferenza, mi domando se, in certi individui, la bestialità abbia preso del tutto il sopravvento sull’ umanità.

Personalmente non ho mai creduto al solo pentimento di mente: potente è  la ragnatela degli interessi di un pentito, per pensare che la sua mente, a mo’ di fisarmonica, si apra e si chiuda, senza emettere suoni non finalizzati al proprio concerto.

Viceversa, un pentimento di vero cuore, che soffre per quanto di drammatico ordito, certamente coinvolge la mente a dire la verità, indipendentemente dai propri particolari tornaconti.

E per me questo è  il vero pentimento, che potrebbe creare la nuova carta di identità umana.

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