Non c’è solo la povertà visibile che, senza parlare o chiedere, ma solo con gli occhi, bussa alla porta del cuore per pizzichi di considerazione: il dramma degli ultimi, che affollano le strade e campano con gli scarti, che spesso ricevono. Esiste un’altra povertà, quella che si vive all’interno di tante famiglie nell’angoscia del lavoro perduto, che ha infranto l’unica risorsa economica.
E se la prima è il frutto della ingordigia umana, mai stanca di accumulare per sé, senza alcun sentimento di condivisione; la seconda è il pessimo risultato di una gestione del potere, che ha pensato troppo agli interessi di parte senza garantire il futuro delle nuove generazioni.
Quest’ultima povertà, che si consuma nelle mura domestiche e si rivela in un andirivieni di richieste ai vecchi genitori se ci sono, o alle strutture della Caritas parrocchiale, potrebbe esplodere, in breve tempo, in maniera eclatante, se lo Stato non inizia a movimentarsi con una vera fantasia di iniziative valide e concrete a favore delle famiglie cadute in disgrazia.
E’ il futuro della società che è in gioco. E finchè tale futuro resta imprigionato in un presente senza idee e prospettive, ma solo intarsiato da una ridicola e chiassosa rissosità tra i detentori del potere, il calice del benessere sarà bevuto soltanto da pochi fortunati, che, nemmeno a farla a posta, sono sempre gli stessi: gli scialacquatori del denaro pubblico.