II Domenica dopo Natale

La liturgia di questa II^ domenica dopo Natale è ancora pervasa dallo spirito natalizio; gustiamo ancora lo stupore del mistero della nascita di Gesù Cristo, il quale fissa la Sua tenda in mezzo a noi, per introdurci nello splendore della conoscenza e della intimità di Dio.

Le tre letture bibliche, attraverso un intreccio di tematiche, che evidenziano l’armonia fra Antico e Nuovo Testamento, offrono alla nostra considerazione l’amore silenzioso e manifesto di Dio verso la creatura, dalla quale aspetta il suo esodo, cioè la sua uscita da sé per incontrarLo.

Nella prima lettura, ripresa dal libro del Siracide, contempliamo la Sapienza, la quale esce dalla stessa bocca di Dio per approdare sulla terra. Qui, fissa la sua tenda a Gerusalemme; prende in eredità il popolo di Israele, e con esso si incammina verso il tempio, per celebrare il culto.

Pertanto, all’origine del mondo creato, della predilezione che Dio nutre verso Israele e dello stesso culto, c’è la sapienza di Dio, che, uscendo da sé, rompe il silenzio ed entra in contatto con le sue creature.

Siamo davanti ad una solenne  personificazione della Sapienza, che per la interpretazione cristiana non solo è un’immagine letteraria,ma è anche realizzazione concreta in una persona concreta, che è Gesù Cristo. Il quale, dalla luce divina, entra nella storia degli uomini, nascondendosi in mezzo a loro e divenendo uno di loro.

E’ quanto ci dice il prologo del Vangelo di Giovanni, attraverso il quale sappiamo che il Verbo, la Parola, per mezzo della quale Dio realizza la creazione, venne nel mondo e stava nel mondo.

Meravigliosi sono i primi versetti del Prologo, che ci permettono di contemplare l’eternità dell’esistenza di Cristo, che si perde nell’eternità di Dio:”In principio era il Verbo/ e il Verbo era presso Dio/ e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di Lui, e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste”.

Nello stesso tempo, tali versetti ci dicono quanto noi siamo pensati ed amati da Dio, il quale non ci considera alla rinfusa, ma ci tiene scritti, individualmente,come figli sul palmo della Sua mano.

Un’intensità di amore infinito che lo conduce ad annientarsi nell’uomo:”E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.

Venne come Vita per renderci partecipi della vita stessa di Dio; ma noi continuiamo a preferire la morte, attaccandoci al guinzaglio di padroni inesistenti.

Venne come Luce, ma noi increduli, continuiamo a naufragare nelle tenebre, lasciandoci sedurre dai falsi miraggi della verità.

Venne in mezzo a noi, nel mondo, identificandosi con gli ultimi, ma noi continuiamo a cercarlo fuori dal mondo e dall’uomo, ritirandoci nelle nostre stanze bloccate dall’egoismo e dall’orgoglio.

Ma Egli continua a venire; continua a passare per le nostre strade,  dicendo ad ognuno:”Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”. (Ap. 3,20).

Se lo accogliamo e lo facciamo entrare nella nostra vita, aprendoci alle esigenze del Vangelo, Egli ci trasformerà dal di dentro, ci farà diventare suoi amici ; ed in Lui, Figlio, saremo figli di Dio.

E’ proprio quanto ci dice il prologo di Giovanni, in contrapposizione a coloro che hanno respinto Gesù:”A quanti però l’hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati”.

E San Paolo, nella lettera agli Efesini, afferma che Dio ci ama tanto che già “prima della creazione  del mondo ci ha predestinati ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo”.

Il che significa che Dio ci ama come siamo; ci pensa e ci vede in Cristo da sempre; ma noi non dobbiamo chiudere gli occhi, fermandoci alla soglia del mistero; dobbiamo entrare, come pellegrini del cielo, nel mondo delle meraviglie di Dio, consapevoli della speranza alla quale siamo stati chiamati:”il tesoro di gloria” che Egli dà in eredità a chi ama.

 

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